LCA un esempio pratico: elettrico o tradizionale?

La sostenibilità ambientale sta diventando un concetto sempre più centrale e la ricerca di soluzioni a minor impatto si sta diffondendo in tutte le attività produttive. Uno dei settori che sta mostrando i mutamenti più evidenti è senz’altro quello automobilistico e in generale dei trasporti, in particolare con l’adozione sempre più massiccia di motori elettrici. Ma l’adozione di quest’ultimi aiuta veramente l’ambiente? Vediamo cosa dicono alcuni studi Life Cycle Assessment (LCA) su questa attualissima tematica.

Il motivo della ricerca di soluzioni alternative ai veicoli con motore a combustione interna è presto spiegato: dati UNECE del 2015 mostrano come il 23% dell’anidride carbonica antropogenica liberata in atmosfera sia attribuibile ai trasporti. La CO2 prodotta dalla combustione dei carburanti fossili costituisce il 65% dei gas serra (GHG), uno dei principali agenti del surriscaldamento globale. Ad aggravare il quadro vi sono le stime prodotte dal World Business Council for Sustainable Development, che prevedono una crescita dei veicoli leggeri a 1,3 miliardi nel 2030, con un ulteriore picco a 2 miliardi nel 2050!

Le conseguenze di un aumento indiscriminato delle concentrazioni di CO2, senza un’inversione di rotta, sarebbero irreparabili e purtroppo stanno già cominciando a manifestarsi: desertificazione dei suoli agricoli, una maggior frequenza di cataclismi, lo scioglimento dei ghiacci artici, con un conseguente aumento dei livelli degli oceani stimato a 0,8-2 m entro il 2100, che a sua volta porterebbe alla completa sommersione di svariate città marittime e isole in tutto il mondo.

Tutte queste problematiche hanno spinto la ricerca verso modelli di trasporto caratterizzati da un minor ricorso a fonti fossili. Le soluzioni proposte sono state diverse, con riferimento all’utilizzo di “carburanti” alternativi, quali elettricità, biocombustibili, idrogeno, metanolo ed ammoniaca.  L’enorme disponibilità e la convenienza della sorgente elettrica, unitamente alla maggior sicurezza rispetto ad altre fonti, hanno spinto ad una sempre maggior adozione di soluzioni ibride benzina-elettrico o esclusivamente elettriche.   

Tuttavia, sempre più fonti, supportate da studi LCA, dimostrano come vi siano aspetti critici relativi all’attuale concezione di veicolo elettrico e delineano le direttrici lungo le quali agire per perseguire una vera sostenibilità. Nel proseguo di questa lettura andremo quindi a comparare i veicoli a combustione interna ed elettrici rispetto alle voci più dissonanti, al fine di mostrare una panoramica più completa rispetto al classico parametro emissioni di gas serra (GHG).

Dalla nascita del motore a combustione interna fino a noi

La prima versione del motore a combustione interna (IC) ebbe i natali nel 1858, ad opera di J.J. Lenoir. Tuttavia, l’efficienza di questo sistema si attestava al 4%, di conseguenza vi erano ampi margini di miglioramento. E per l’appunto, la compressione del carburante prima della combustione, ad opera di N.A. Otto, e la riduzione dei volumi del motore stesso, ad opera di G. Daimler, contribuirono alla creazione di un sistema propulsore più compatto ed efficiente, ideale per l’alimentazione delle automobili. Tuttavia, queste invenzioni non erano sufficienti, nello scenario della seconda metà del XIX secolo, a soppiantare mezzi come la locomotiva o la bicicletta.

Il progetto del motore a ciclo Otto. LCA
Il progetto del motore a ciclo Otto, realizzato nel 1876 in collaborazione con Daimler e Maybach

Furono due eventi in particolare a stravolgere il corso della storia, ovvero la nascita di un’effettiva industria automobilistica, con le ricadute occupazionali da essa generate, e soprattutto l’adozione della benzina come carburante. Nessuno avrebbe mai pensato che la scoperta del petrolio, avvenuta in Pennsylvania nel 1859, avrebbe stravolto gli scenari economici- ambientali, ma anche geopolitici e militari, come abbiamo effettivamente constatato. Eppure fu proprio la creazione dell’automobile avvenuta nel 1886 in Germania, ad opera di Karl Benz, con un motore a combustione interna alimentato a benzina, a creare un mercato per il petrolio. Ed infatti, stime del 2015 riportano il attestano il consumo giornaliero di petrolio a 96 milioni di barili, di cui circa il 70% destinati al settore dei trasporti.

Sono passati più di 130 anni dalla messa in commercio di automobili con motori IC e ad oggi la stragrande maggioranza del trasporto su terra si svolge grazie a questa tecnologia. Nonostante ciò e le migliorie apportate su pistoni e sistema di combustione, l’efficienza del processo si attesta mediamente al 20-40% in base ai motori e alle fonti, con perdite di energia sotto varie forme, e generazioni di sostanze inquinanti, oltre che di CO2. In pratica, lo scenario odierno dei motori IC alimenta la gran parte del mercato del petrolio, la cui maggior parte non viene nemmeno utilizzata per lo scopo prefissato.

Rispetto a un mercato dominato dall’alimentazione a benzina, diesel e gas naturale, recentemente si sarebbe affacciata la tecnologia dell’alimentazione elettrica. Il condizionale è d’obbligo, perché il trasporto elettrico non è certo una novità: metropolitane, treni e tram sono un esempio tangibile dell’utilizzo dell’elettricità a fini di trasporto già da molto tempo. Basti pensare che il primo tram fu installato in America, nell’Indiana, nel 1885. Spostandoci sul comparto automobilistico, potrebbe sorprendere sapere che il motore elettrico sia più datato di quello a benzina, eppure tale invenzione risale alla metà dell’800.

Ricapitolando, una gran parte del trasporto pubblico si affida all’alimentazione elettrica e nel comparto automobilistico utilizzare l’elettricità per la movimentazione non è certo una novità; quindi come mai solo recentemente le auto elettriche hanno iniziato a fare la loro comparsa sul mercato? Il motivo è banalmente l’indipendenza da una sorgente di elettricità, che nel caso del trasporto pubblico viene sopperita da un’elettrificazione della rete, mentre nel caso delle auto ottocentesche cozzava con l’utilizzo di batterie al litio, non ricaricabili, caratterizzate quindi da una bassa affidabilità.

Ciò che sta rendendo le auto elettriche una realtà nel contesto odierno è l’introduzione di batterie agli ioni di litio (Li-ion), che mostrano alcune migliorie rispetto alle problematiche delle batterie a litio (Li). Anzitutto, il litio viene largamente impiegato nella fabbricazione di batterie in quanto elemento metallico più leggero, caratterizzato dal maggiore potenziale elettrochimico e di conseguenza la maggior densità di energia prodotta per unità di peso. Tuttavia, le batterie Li, a differenza delle Li-ion, non potevano essere ricaricate a causa del rischio di esplosioni. Le batterie Li-ion sono state rilasciate sul mercato nel 1991, hanno chiaramente rimpiazzato le batterie Li, e mostrano caratteristiche più interessanti rispetto ad altre batterie metalliche ricaricabili (es. le nichel-cadmio) in termini prestazionali, ma anche di manutenzione e smaltimento.

Tuttavia, è proprio il sistema batteria ad essere il punto critico delle auto elettriche Li-ion, per diversi aspetti:

  • Fragilità della batteria, che necessita di un circuito di protezione e di un monitoraggio della temperatura, che può al massimo oscillare in un range di 1-2°C;
  • Ciclo di vita limitato della batteria (3-5 anni, anche se alcune fonti riportano una durata di 12 anni)
  • Dipendenza dalla ricarica, con un’infrastruttura per la ricarica non sempre largamente sviluppata. Questa situazione innesca in alcuni user la cd. “range anxiety”, che potremmo parafrasare come la paura di rimanere a piedi per mancanza di colonnine di ricarica;
  • Il costo è uno dei problemi più significativi e può rappresentare fino alla metà del costo del veicolo elettrico;
  • Il pacco batteria di un’auto elettrica occupa molto spazio ma soprattutto incide in larga misura sul peso complessivo del veicolo: giusto per dare dei numeri, una Tesla S pesa circa 2100 kg e la batteria da 80kWh contribuisce per circa 770 kg, al peso totale! In un bus elettrico, il pacco batteria pesa quanto l’intero veicolo a vuoto. Il peso è particolarmente incidente sui consumi e le prestazioni del veicolo, andando ad aumentare le richieste energetiche per la movimentazione rispetto ad un omologo a combustione interna;
  • Domanda di metalli per la sintesi di batterie, che porta a una maggior estrazione da siti minerari, e deforestazione, con annessi costi ambientali legati al trasporto, oltre allo smaltimento delle batterie, caratterizzate da elevata tossicità per gli ecosistemi. Peraltro i siti di estrazione di tali metalli sono localizzati in specifiche aree geografiche, creando ancora una volta scenari di potenziale volatilità legata alla sfera geo-politica;
  • Aspetti legati alla sicurezza, con una batteria sicura in nomali condizioni operative, ma che può dare esplosioni in caso di foratura della batteria a causa di incidenti. Inoltre, il litio è altamente reattivo, e può incendiarsi in presenza di acqua.

La ricerca si sta muovendo sotto diversi fronti per attenuare i problemi appena delineati sia dal punto di vista della sicurezza, che del peso complessivo del pacco batteria, e della riduzione del costo complessivo di questa tipologia di veicoli.

Al netto dei problemi intrinseci ai veicoli elettrici, bisogna spostare l’attenzione verso il tipo di alimentazione degli stessi, l’elettricità per l’appunto. Gran parte dell’elettricità viene generata da impianti alimentati a combustibili fossili, ovviamente impattanti sul bilancio dell’anidride carbonica. Tuttavia, la combustione genera efficienze di conversione in energia elettrica del 40-60%, e quest’energia generata viene utilizzata per il 90% nei motori elettrici. Il combinato riporta ad efficienze dal sito di approvvigionamento dell’energia all’uso da parte del veicolo (il cd. well-to-wheel) del 60% in favore dei veicoli elettrici.

Tutti questi aspetti riconducono ad una situazione di difficile valutazione, in quanto caratterizzata da due scenari, quello dei motori IC ed elettrici, entrambi caratterizzati da evidenti problemi sul piano ambientale. Nella prossima sezione riprenderemo il concetto di LCA e dimostreremo un caso pratico di utilizzo di questo studio nella valutazione di situazioni reali.

Studi LCA come tool per la valutazione di diversi casi

L’organizzazione Internazionale degli Standard (ISO) definisce la validità degli studi LCA, in particolare nelle normative ISO 14040 e 14044. L’analisi LCA viene impiegata al fine di valutare e quantificare l’impatto ambientale associato a un prodotto, processo o servizio lungo tutto il ciclo di vita, dall’approvvigionamento delle materie prime, fino alla fase di utilizzo e di “fine-vita”.

Come abbiamo già visto in “Le fasi di un LCA” questa metodologia si compone di 4 fasi principali:

  • Definizione dello scopo e dell’obiettivo;
  • Analisi di inventario;
  • Valutazione dell’impatto;
  • Interpretazione.

In una LCA focalizzata sulla comparazione di sistemi automobilistici a combustione interna ed elettrici risulta particolarmente importante la fase di definizione dello scopo e dell’obiettivo. Infatti, già per quanto riguarda la definizione dei limiti del sistema, si possono avere diversi scenari ipotetici sul quale puntare l’attenzione, condizionando di conseguenza i risultati relativi gli impatti ambientali. Si hanno infatti diverse casistiche percorribili legate a LCA di processo, riportate in tabella, che possono condizionare notevolmente specifiche categorie d’impatto.

Tipi LCA applicabili a studi
di auto IC vs elettriche
Limiti del sistema considerati
Cradle to gate
dalla culla al cancello
Uno studio di questo tipo considera tutti i processi relativi all’approvvigionamento delle materie prime ed energia necessarie alla costruzione del veicolo, fino alla teorica uscita dai cancelli aziendali.
Cradle to grave
dalla culla alla bara
Rispetto al precedente, questo studio è maggiormente complesso in quanto considera la fase di manifattura del veicolo più tutta la vita utile, ovvero il rifornimento del veicolo, la fase di guida su strada, le riparazioni, fino alla rottamazione.
Cradle to cradle
dalla culla alla culla
Questo studio aggiunge un’ulteriore implementazione, ovvero considera tutto l’insieme di materiali provenienti dallo smaltimento del veicolo che vanno incontro a riciclo ed entrano quindi a monte della catena di costruzione dell’auto, alla voce materie prime.
Well to tank
dal pozzo alla cisterna
Questo tipo di studio, come i successivi, analizza fasi molto limitate dell’intero ciclo di vita di un veicolo, andando a fornire dettagli molto specifici su fasi cruciali, quale l’approvvigionamento dell’energia necessaria al veicolo per il movimento. In particolare, uno studio well to tank analizza tutte le voci di impatto relative all’estrazione e raffinazione del petrolio, fino al conferimento alle stazioni di rifornimento, piuttosto che alle tipologie di processi (rinnovabili e non) utilizzati per produrre l’energia elettrica necessaria all’alimentazione dei veicoli elettrici.
Tank to wheel
dalla cisterna alla ruota
In studi di questo tipo si fa riferimento alla vita utile del veicolo, fatta di moto su strada e rifornimenti alle stazioni, con gli impatti associati a questi processi.
Well to wheel
dal pozzo alla ruota
Questo tipo di studio combina i due precedenti, andando ad analizzare tutta la catena di impatto relativa all’utilizzo del veicolo e alla produzione dell’energia necessaria al moto.

Se per esempio andassi a focalizzarmi sulla sola fase di produzione dei due tipi di veicoli, quindi dall’approvvigionamento di materie prime fino alla vendita del veicolo assemblato (cradle-to-gate), la componentistica del parco batteria del motore elettrico, con i rispettivi impatti legati all’estrazione dei metalli, la pericolosità intrinseca degli stessi sul piano ambientale e la tossicità andrebbero a mostrare uno scenario di maggior sostenibilità ambientale dei veicoli con motore a combustione.

Tuttavia, come sappiamo, è la fase d’uso dei veicoli IC, a causare una continua produzione di gas serra. Ciò sta a indicare anzitutto che nella fase di definizione di scopo e obiettivi sia necessario fissare degli orizzonti temporali e soprattutto spaziali, in termini di filiera, adeguati al tipo di confronto in atto e secondariamente ci mostra come sia importante delineare da subito quali siano i parametri di sostenibilità ambientale oggetto di indagine.

Infatti, bisogna chiedersi cosa significhi inquinare e cosa sia dannoso per l’ambiente. La risposta più consona sarebbe forse “dipende”. La produzione di gas serra, considerata, per esempio, nella categoria d’impatto climate change non è l’unica situazione pericolosa rispetto a cui porre l’attenzione. Quindi a livello di definizione dello scopo di una LCA è importante anche stabilire quali saranno i parametri selezionati per valutare gli impatti dei sistemi propulsori messi a paragone in quel momento. Maggiori saranno le classi prese in esame e più lo studio sarà trasparente e descrittivo della situazione reale.

Infine, sempre in riferimento alla fase di definizione dello scopo dell’analisi, è importante definire gli effettivi limiti geografici dello studio, ovvero se si fa riferimento alla situazione globale, piuttosto che ad una regione geografica, una nazione, ecc. Infatti, questa differenza influisce enormemente su specifici fattori come il reperimento dell’energia. Per esempio, la percentuale di energia rinnovabile prodotta in Scandinavia rispetto alla Cina è ben diversa, di conseguenza l’impatto ambientale associato alla produzione di energia elettrica necessaria ad alimentare un veicolo elettrico è altrettanto differente.

Primo caso studio

Il paper italiano “A comparative LCA of an electric vehicle and an internal combustion engine vehicle using the appropriate power mix: the Italian case study” del 2015 parte da una considerazione relativa alla fonte dei dati relativi agli impatti ambientali associati alla produzione di energia elettrica.

Infatti, tipicamente si utilizzano dei dataset preimpostati, ma come già evidenziato la produzione dell’energia elettrica viene influenzata dall’area geografica ma anche dal periodo storico. Viene quindi scandagliata ai raggi X la produzione dell’energia elettrica nel contesto italiano e comparata alla produzione di benzina, in uno studio di tipo cradle to grave con un particolare focus al sottoinsieme well to tank, a due scenari temporali, 2013 e 2030.

In uno scenario dominato dalla produzione di energia elettrica tramite impianti alimentati a fonti fossili, l’elevata efficienza di queste centrali garantisce una situazione favorevole a livello di emissioni delle centrali rispetto alla combustione da motore dei veicoli IC. L’auto elettrica dimostra infatti minori impatti per quasi tutte le categorie considerate, quali climate change, consumo di risorse, acidificazione e produzione di particolato e, in generale, mostra una sostenibilità ambientale decisamente migliore nella fase di uso del veicolo.

Bisogna infatti considerare che l’energia elettrica prodotta da fonti fossili concentra le emissioni prodotte a partire da impianti siti in aree poco antropizzate e caratterizzati da alti camini, al fine di agevolare la dispersione dei gas, mentre l’utilizzo di auto IC comporta si un dilazionamento delle emissioni, ma spesso concentrate in aree densamente urbanizzate e a basse quote, accentuando i problemi relativi al peggioramento della qualità dell’aria.  

Le auto elettriche, o meglio il loro pacco batteria, determina una situazione più critica rispetto alle auto IC nelle categorie eutrofizzazione e tossicità umana, dovute alle emissioni tossiche prodotte in fase di costruzione delle batterie. Rispetto a questa criticità, lo scenario 2030 presenta una maggior incertezza, dovuta all’eventuale creazione di batterie caratterizzate da minor tossicità intrinseca. Anche qui però può essere adottata una chiave di lettura relativa alla geografia della catena di processo. La produzione di queste batterie avviene in impianti fisicamente separati da aree urbanizzate, mentre altre categorie d’impatto non incluse a livello della categoria tossicità umana, ma egualmente impattanti per la salute, quali acidificazione e formazione di particolato ad esempio, vengono generate in aree altamente urbanizzate, in maniera ampiamente maggiore dalle auto IC.

Secondo caso studio:

Un altro studio LCA del 2018, italiano, “Life Cycle Assessment in the automotive sector: A comparative case study of Internal Combustion Engine (ICE) and electric car” ha messo a paragone il sistema elettrico con quello a combustione interna, fornendo ulteriori aspetti fondamentali.

Innanzitutto, si delinea chiaramente un’ulteriore riduzione degli impatti generati dalle auto elettriche all’aumentare della quota di energia prodotta attraverso fonti rinnovabili. Secondariamente, emerge un altro aspetto rilevante: a seconda dei dataset utilizzati nella fase di inventario e dei metodi di impatto ambientale utilizzati, oltre che di eventuali parametri fissati a livello di definizione dello scopo dell’analisi, i risultati possono variare in modo più o meno consistente.

Anche in questo caso, infatti, pesa in modo considerevole la produzione delle diverse componenti del pacco batteria dell’auto elettrica, a causa del massiccio utilizzo di energia, metalli e prodotti chimici. Rispetto allo studio precedente, però, l’impatto ambientale associato alla produzione della batteria impatta in misura maggiore su molte più categorie oltre alla tossicità umana, quali acidificazione, formazione di particolato, formazione di ozono fotochimico e consumo di risorse. Chiaramente, fare previsioni sull’esaurimento di specifiche risorse non è semplice e può generare esiti diversi fra differenti studi, tuttavia occorre sottolineare come un maggior ricorso a sistemi elettrici basati sullo sfruttamento di batterie andrebbe ad aumentare la dipendenza verso specifiche fonti di metalli, andando a generare ancora una volta dubbi legati alla sostenibilità della tecnologia.

Conclusione

Il confronto/scontro fra veicoli alimentati ad elettricità e petrolio non ha fornito un vero e proprio vincitore assoluto, piuttosto si può parlare di impatti ambientali nettamente differenti in termini di categoria d’impatto e di bacino geografico dell’impatto.

Abbiamo evidenziato le principali problematiche dei sistemi elettrici nel core della batteria. In tal senso, ci si sta già muovendo verso soluzioni innovative, che impieghino ioni differenti o catalizzatori quali l’aria. Sul fronte emissioni e climate change, un’elettricità più green, sempre più generata da fonti rinnovabili andrebbe sicuramente ad avvalorare l’utilizzo della soluzione elettrica.

Una soluzione di difficile implementazione nel breve periodo, ma caratterizzata da enormi potenzialità è quella degli OLEV (On-line electric vehicles), ovvero i veicoli elettrici in linea. Sviluppato dall’ istituto KAIST (Korea Advanced Institute of Science and Technology) e lanciati in Sud Corea nel 2010 per il trasporto pubblico, questi sistemi non richiedono di fermarsi per “fare il pieno” di energia elettrica, a vantaggio delle dimensioni e del costo della batteria. In questo caso la corrente viene generata direttamente lungo il moto del veicolo, grazie a sistemi di trasmissione dell’energia con un core di ferrite, deposti 30 cm sotto il manto stradale. I cavi interrati sotto la strada creano dei campi elettromagnetici che vengono captati dai ricevitori installati sotto la scocca degli autobus e convertiti in elettricità. Rispetto a sistemi come tram e treni o bus elettrici, ciò riduce la dipendenza dalla fonte elettrica, richiede un’elettrificazione del percorso urbano più contenuta, giacché i cavi sono interrati e richiedono interventi minimali, sul 5-15% del percorso, e infine la batteria del mezzo risulta grande solo un terzo di quelle convenzionali giacché non gravata dal dover accumulare energia.

Infine, benché il confronto proposto si sia basato sui modelli di alimentazione più impiegati al momento, combustione ed elettrico, non bisogna dimenticare che le alternative non mancano e sembrano mostrare davvero ottime potenzialità. Il paper “Life cycle environmental impact assessments and comparisons of alternative fuels for clean vehicles” del 2018 mostra una panoramica ad ampissimo spettro, andando a comparare in uno studio di tipo LCA ben nove tipologie di fonti di alimentazione dei veicoli, fra cui benzina, gasolio, GPL, elettricità e idrogeno. Al netto delle criticità già espresse per i sistemi classici a combustione interna e elettrici, i veicoli a idrogeno risultano la miglior opzione per tutte le categorie d’impatto. Questo tipo di evidenze ambientali sta infatti spingendo alcune case automobilistiche, come Toyota, Honda, Ford BMW, Audi a produrre linee dotate di celle a combustibile, necessarie alla conversione dell’energia chimica dell’idrogeno in elettrica, direttamente nel veicolo. La tecnologia ha ottime prospettive, tuttavia la gran parte dell’idrogeno oggi viene prodotta a partire da combustibili fossili, similmente all’elettricità. Andranno quindi implementati meccanismi di produzione green, da associare a differenti fonti rinnovabili, come riserve del surplus energetico nei momenti di picco, per incrementare l’efficienza di sistemi quali quello eolico o fotovoltaico, riducendo le perdite.

In conclusione, l’articolo di oggi ci ha mostrato un effettivo caso di utilizzo dell’analisi LCA per la valutazione di sistemi differenti. Consiglio tuttavia la lettura degli articoli riportati in bibliografia nel caso siate interessati ad ottenere maggiori dettagli sulla fasi procedurali sopra descritte o per guardare più da vicino i dati, tradotti in impatti.

Bibliografia:

Bicer, Y., & Dincer, I. (2018). Life cycle environmental impact assessments and comparisons of alternative fuels for clean vehicles. Resources, Conservation and Recycling, 132, 141-157.

Del Pero, F., Delogu, M., & Pierini, M. (2018). Life Cycle Assessment in the automotive sector: A comparative case study of Internal Combustion Engine (ICE) and electric car. Procedia Structural Integrity, 12, 521-537.

Girardi, P., Gargiulo, A., & Brambilla, P. C. (2015). A comparative LCA of an electric vehicle and an internal combustion engine vehicle using the appropriate power mix: the Italian case study. The International Journal of Life Cycle Assessment, 20(8), 1127-1142.

Suh, N. P., & Cho, D. H. (2017). Making the move: from internal combustion engines to wireless electric vehicles. In The on-Line Electric Vehicle (pp. 3-15). Springer, Cham.

Verma, S., Dwivedi, G., & Verma, P. (2021). Life cycle assessment of electric vehicles in comparison to combustion engine vehicles: A review. Materials Today: Proceedings.

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