Costruire ponti fra edilizia e biotecnologie
Le biotecnologie microbiche consistono nell’utilizzo di microrganismi (quali batteri, lieviti e funghi, citando i più noti), di parti di essi o di molecole da essi prodotte per lo sfruttamento in settori quali medico, farmaceutico, industriale, agricolo o ambientale. Tuttavia, oggi si identifica una nuova sotto-branca delle biotecnologie microbiche, quella delle construction biotechnology.
Il termine viene volutamente lasciato in inglese e non tradotto in biotecnologie delle costruzioni, in quanto quest’ultimo sarebbe limitante. La sfera di competenza delle construction biotechnology si estende dal campo edilizio all’ingegneria dei materiali, fino ad aspetti tipicamente correlati all’ingegneria ambientale.
Questa disciplina si fonda su conoscenze di tipo biologico e ingegneristico (specialmente ambientale e civile) e si concretizza nell’utilizzo di microrganismi e dei metabolismi a loro connessi nelle sfere d’interesse sopra evidenziate. Le construction biotechnology hanno preso piede nell’ultimo decennio e ha le carte in regola per conquistare sempre più spazio nel settore dell’edilizia e dell’ingegneria civile.
Quali problematiche caratterizzano lo scenario attuale?
Una delle prime domande che potrebbero sorgere riguarda la reale necessità di impiegare microrganismi nel campo delle costruzioni. Tuttavia il motivo è presto detto. Per quanto concerne il settore edilizio, il costante aumento di popolazione a cui stiamo assistendo negli ultimi decenni ha portato ad un inevitabile aumento della domanda di immobili ad uso abitativo e di conseguenza a una maggior domanda delle risorse impiegate nella costruzione dei materiali utilizzati (quali, cemento, sabbia, ghiaia, ecc.).
Inoltre, nella produzione dei materiali ad uso edile non bisogna trascurare gli enormi costi energetici associati alla produzione dei pezzi finiti. A seconda dei materiali di partenza utilizzati, la produzione di mattoni richiede elevatissime pressioni, piuttosto che cotture a temperature maggiori di 100°C, mentre nel caso del cemento, la trasformazione dei minerali di partenza nel legante idraulico finito richiede temperature sopra i 950°C, che peraltro rappresentano il 20-40% del costo del prodotto finito.
Sempre nel campo edile, è notevole il ricorso a plastiche monouso, specie film, per la delimitazione e il contenimento nel corso dei lavori, che generano scarti di lavoro, il cui smaltimento può richiedere trattamenti differenti a seconda della natura dei materiali conferiti.
Infine, nell’ambito dell’ingegneria civile, numerosi sono gli interventi che possono essere apportati ai suoli per modificarne le caratteristiche chimico-fisiche degli stessi, sotto il punto di vista della struttura, della ritenzione idrica, del grado di erosione e desertificazione, oltre che della detossificazione da sostanze inquinanti.
Tuttavia, le tecniche comunemente impiegate richiedono spesso trattamenti di tipo chimico, onerosi dal punto di vista ambientale ed economico e talvolta richiedono il prelievo di porzioni di suolo dal sito e spesso mostrano forti limitazioni in zone edificate, dove non sempre possono essere utilizzate.
Come vedremo nell’corso di questo articolo, le biotecnologie, con l’impiego di differenti organismi, specialmente microrganismi, possono rappresentare una valida alternativa alle problematiche appena evidenziate.
Il ricorso a fonti bio-based nel campo delle costruzioni e la sua evoluzione nel tempo
Va detto che il ricorso a fonti biologiche, specie nell’area edilizia, non è una novità e che anzi affonda le sue radici agli albori ai tempi delle civiltà più antiche.
Biomateriali di derivazione animale, quali sangue, urine, uova, latte, lardo e biopolimeri vegetali, come legno, corteccia, canne, succo di cactus e perfino farina sono stati utilizzati nell’antichità, in miscela, al fine di migliorare le proprietà di malte e intonaci. Una pratica che a volte viene utilizzata ancora oggi consiste nell’aggiunta di sterco bovino e paglia all’argilla per migliorarne le proprietà strutturali. O ancora, gli Aztechi erano soliti utilizzare un succo fermentato di fico d’india per migliorare le caratteristiche di plasticità e assorbimento dell’acqua di malte di calce e intonaci a base di terra.
Quindi risulta chiaro come composti bio-based abbiano da sempre affiancato altri materiali da costruzione, in forma di miscele, nel progresso edilizio condotto dall’uomo, migliorando le proprietà sopracitate più altre, come la modifica del tempo di posa, la ritenzione di aria, l’impermeabilizzazione o le caratteristiche adesive dei materiali prodotti, solo per citarne alcune.
Tuttavia, come già anticipato, le construction biotechnology odierne sfruttano quasi esclusivamente microrganismi e la ragione per il loro utilizzo rispetto a prodotti di derivazione animale o vegetale è presto spiegata: i polimeri microbici presentano un tasso medio di biosintesi dalle 2 alle 4 volte maggiore rispetto a quello degli organismi vegetali e se a questo sommiamo la praticità di produzione su scala industriale, mediante l’impiego di fermentatori in contesti di bioraffineria, l’utilizzo su ampia scala diventa molto più concreto.
Infatti, come vedremo nell’articolo “Le applicazioni delle construction biotechnology“, lo sfruttamento dei prodotti dei metabolismi microbici, caratterizzati da differenti reazioni biochimiche, e i prodotti derivanti da svariate vie biosintetiche, stanno sempre più affermandosi in campo edile e civilistico, con soluzioni efficaci, più sostenibili e sovente meno invasive.
Classificazione delle construction biotechnology
Come già anticipato, la construction biotechnology estendono i confini di applicazione verso due aree ben distinte, ovvero le biotecnologie dei materiali edili (CMB) e le biotecnologie ad uso civile e ambientale (CPB).
Le CMB fanno riferimento alla sintesi di materiali impiegabili nel campo dell’edilizia: andiamo da bioplastiche sintetizzate da microrganismi, alla sintesi di biopolimeri microbici, in grado di modificare le proprietà di cementi, malte e boiacche alle quali vengono aggiunti, fino a veri e propri cementi, malte e boiacche microbiche, caratterizzati da una cementificazione in situ.
Gli step generalmente caratterizzanti le CMB sono:
- Preparazione del mezzo di coltura in cui coltivare i microrganismi, del relativo equipaggiamento e dell’inoculo microbico (seed);
- Coltivazione del microrganismo selezionato;
- Processi downstream di raccolta della biomassa, purificazione del prodotto di interesse, addizione degli eventuali co-formulanti o manufacturing volto a fornire l’aspetto desiderato, confezionamento e infine utilizzo
Le CPB fanno maggiormente riferimento alla modifica di suoli, per la modifica delle proprietà chimico fisiche in situ degli stessi con differenti soluzioni. Per esempio, l’attività metabolica di svariati microrganismi, conseguente nella precipitazione di sali, è in grado di modificare lo stato di aggregazione delle particelle terrose. Rispetto alle CPB, si fa riferimento a 8 specifiche aree, brevemente descritte di seguito:
- Bioaggregazione: processo volto ad aumentare la dimensione delle particelle terrose, al fine di limitare fenomeni erosivi causati da differenti agenti atmosferici
- Bioincrostamento (biocrusting): formazione di una crosta superficiale di suolo, minerale o organica, al fine di ridurre erosione, formazione di polveri e l’infiltrazione di acqua
- Biocopertura (biocoating): formazione di uno strato di colonizzazione microbica superficiale sul suolo, per finalità estetiche
- Bio-ostruzione (bioclogging): riempimento dei pori presenti fra le particelle di suolo, al fine di ridurre la conduttività idraulica del sito
- Biocementazione: processo volto ad aumentare la forza dei suoli e delle particelle che li compongono
- Biodesaturazione: aumento della saturazione e liquefazione dei suoli, attuato mediante la produzione di gas in situ
- Bioincapsulamento: processo volto ad aumentare la forza delle singole particelle terrose, attraverso la formazione di un rivestimento circondante le singole componenti, specificamente per suoli argillosi
- Biorisanamento (bioremediation): processo volto a rimuovere o immobilizzare le sostanze inquinanti presenti nei suoli.
Rispetto alle CMB, nelle CPB si procede alla preparazione degli inoculi microbici (seeds) che vengono in seguito distribuiti sui suoli da trattare, sia in situ che ex-situ, ovvero prelevando volumi di suolo che vengono trattati separatamente, prima di essere reintrodotti nel sito di espianto.
Gli attori protagonisti delle construction biotechnology
Nella sezione precedente si è discusso dei diversi processi nei quali le construction biotechnology possono trovare impiego, tuttavia il merito di queste attività si deve a diversi tipi di organismi e alla loro attività. Considerando l’enorme variabilità di specie in natura, a farla da padrone nelle construction biotechnology sono organismi procariotici (batteri Gram +, batteri Gram – e Archea) per una serie di ragioni:
- Ridotte dimensioni cellulari (0,5-10 μ) a vantaggio della disperdibilità;
- Ampia diversità fisiologica, con range di crescita variabili in termini di pH e temperatura, rendendoli adattabili a situazioni estreme;
- Ampio spettro di reazioni biogeochimiche, risultante in una respirazione di differenti specie chimiche;
- Alti tassi di crescita.
Ben 12 gruppi di procarioti chemotrofi (gruppo di organismi che ricavano l’energia per l’attività metabolica dall’ossidazione di sostanze chimiche) trovano impiego nelle diverse applicazioni che verranno in seguito trattate, anche se in linea generale i Gram + sono maggiormente impiegati nelle CPB, in ragione della maggior tolleranza osmotica, mentre i Gram – sono più impiegati per la biosintesi di materiali da costruzione (CMB).
Vi sono anche rari casi di procarioti fototrofi (la controparte dei chemotrofi, che impiegano energia luminosa per l’attività metabolica) impiegati nelle construction biotechnology: i cianobatteri possono essere utilizzati per la formazione di una crosta sulla superficie del suolo per ridurre l’erosione del suolo, nel fenomeno noto come bioincrostamento.
Come accennato nel capitolo precedente, l’applicazione di microrganismi nelle construction biotechnology richiede un’effettiva preparazione e “distribuzione” di un inoculo o seed, che esplicherà poi l’attività favorevole mediante la propria proliferazione e attività metabolica.
Nell’articolo Funghi: biofabbriche di successo si è già discusso della crescita di microrganismi all’interno di fermentatori, in batch o in continuo, che in questo caso è necessaria a raggiungere biomasse soddisfacenti per le successive applicazioni; una volta raggiunte le densità cellulari ottimali, l’inoculo prodotto può essere congelato, liofilizzato, raffreddato o sospeso.
Ma vista la disponibilità di milioni di ceppi microbici, come scegliere quello più adatto per le nostre esigenze?
Vi sono differenti criteri che possono canalizzare la scelta verso gli organismi più performanti:
- In base a dati soddisfacenti pubblicati su un dato ceppo, acquistare lo stesso da una collezione di microrganismi e testarlo per verificare o addirittura migliorare le performance osservate; le collezioni di microrganismi o biobanche sono istituzioni fondamentali, in quanto permettono la preservazione di un pool di biodiversità, altrimenti destinato alla scomparsa o alla modifica, offrendo un potenziale serbatoio di soluzioni biotech ai nostri problemi;
- Isolare, identificare e testare microrganismi da siti con condizioni ambientali simili a quelle in cui il microrganismo verrà impiegato (pH molto acidi o basici, salinità elevata, anossia, ecc.). Di fondamentale importanza in questi casi è assicurarsi della non patogenicità del ceppo;
- Partendo da ceppi wild type, ovvero in condizioni native, selezionare dei ceppi mutati operando mutazioni casuali o puntiformi, con approcci di transgenesi. Una volta operate le variazioni al wild type, è fondamentale il testing di laboratorio, per verificare la funzionalità del ceppo rispetto al metabolismo di base;
- Selezione colturale operata attraverso modifica dei parametri colturali, come fonte e concentrazione di carbonio, azoto e fosforo, oltre alla variazione di pH, temperatura, salinità, ossigenazione, ecc. Le strategie fisiologiche messe in atto dal microrganismo per la propria sopravvivenza potrebbero tornare utili per un miglior adattamento al sito in cui verrà inoculato, o potrebbero garantirgli una maggior tolleranza ai composti prodotti durante la sua attività metabolica;
- Selezione di microrganismi secondo approcci differenti, che ragionano sulla formazione di sistemi complessi microrganismo-carrier. Fiocchi, film e microbiglie sono solo alcuni dei supporti per le cellule microbiche, che possono trovare impiego in una serie di applicazioni specifiche. Per esempio un biofilm batterico, incapace di penetrare all’interno del suolo, formerà una crosta solo sulla superficie dello stesso;
- Infine, un ultimo caso consiste nella valutazione delle specie microbiche già presenti nel sito da trattare. Sicuramente esse sono le più adatte alle specifiche condizioni dello specifico suolo in esame. Il compito del biotecnologo in questo caso è la valutazione delle potenzialità di questi ceppi, per verificare quali e quanti sono in grado di svolgere le reazioni chimiche che ci aggradano. In seguito a questo check, lo step successivo consiste nel mettere le specie più interessanti in condizione di assumere un ruolo primario dell’ecosistema di quello specifico suolo e ciò può essere fatto in svariati modi, fa cui modificando le proprietà del suolo, per esempio aggiungendo specifici ammendanti.
In questo primo articolo abbiamo visto cosa sono le construction biotechnology, nel prossimo andremo a vedere le loro applicazioni!
Stay tuned
BGreen Team